Rivolgo un saluto alle autorità
civili e militari presenti; al Senatore Eugenio Comincini;
ai Sindaci dei Comuni della Martesana; al Presidente di ANPI Milano Roberto
Cenati e alla Presidente di ANPI Cernusco Giovanna Perego; ai rappresentanti del Consiglio Comunale dei Ragazzi e delle
Ragazze; ai familiari di Roberto Camerani e Virginio Oriani; ad ogni cittadina
e cittadino.
Se è vero che la memoria condivisa è
il terreno necessario e imprescindibile affinché gli alberi di una comunità
dispieghino i loro rami verso il futuro, oggi siamo qui per prenderci cura di
quel terreno. Ararlo, nutrirlo, seminarlo.
C’è stato un tempo, infatti, in
cui anche queste nostre strade e queste nostre piazze, quelle che percorriamo
ogni giorno per andare al lavoro o a scuola, sono state testimoni di gesti di
odio, organizzati e pianificati, contro le persone e contro la loro libertà. Il
18 dicembre 1943, nel buio di una nebbiosa sera d’inverno, un drappello della
Feldpolizei guidato da un giovane sergente tedesco prelevava dalle loro
abitazioni 6 giovani cernuschesi, accusati di sostenere attivamente la
resistenza partigiana.
E’ stato un
tempo,
quello, in cui anche a Cernusco sul Naviglio avere un’opinione personale o
semplicemente essere sé stessi, non solo non era permesso, ma poteva costare la
vita. Il più giovane di quei sei ragazzi sottratti alle loro famiglie, Virginio
Oriani, aveva sedici anni quella sera ed è stato poi assassinato nel campo di
eliminazione di Ebensee; il più anziano, Pierino Colombo, aveva ventitre anni e
morì nel campo di Gusen 1°, immediatamente dopo la liberazione nel 1945. Con
loro altri quattro amici che fecero ritorno a Cernusco sul Naviglio per sempre
segnati, soprattutto nell’anima, dall’esperienza dei lager: Roberto Camerani,
Quinto Calloni, Angelo Ratti, Ennio Sala. Quel dramma per loro è stato nel
tempo a volte silenzio, a volte racconto; a volte solitudine, a volte
condivisione; spesso testimonianza; sempre dolore. Li ricorderemo e ricorderemo
le loro storie mentre percorreremo la nostra vita quotidiana, inciampando con
lo sguardo e con la memoria nei nomi di due di loro, scritti sulle pietre:
grazie alle loro famiglie che le hanno volute e che ne hanno fatto radici
condivise per la nostra comunità.
Perché se è vero – come dicevamo - che
la memoria comune è quel terreno su cui crescere insieme, oggi è più che mai
il tempo per coltivarlo e renderlo tanto fertile da accogliere radici forti
ed essere sormontato da alberi resistenti; così resistenti da non piegarsi ai
venti di razzismo e alle tempeste di odio che ancora percorrono la primavera
delle nostre città.
In questo tempo che spesso
volge a burrasca, sarebbe stato prezioso il lavoro di un bravo ‘seminatore di
memoria’ come Giorgio Perego. Oggi lo avremmo visto certamente tra noi in
questa piazza e con pazienza e passione avrebbe continuato ad arare ogni giorno
quel terreno, soprattutto pensando ai giovani, attraverso le sue ricerche
storiche e i suoi racconti. ‘Libertà, democrazia e giustizia sociale –
ebbe a scrivere in uno dei suoi libri – vanno custodite e coltivate con
forte coscienza civile, con quella coscienza antifascista che, nell’accezione
di valido anticorpo contro ogni degenerazione della democrazia, contro ogni
sopruso, è ancora attuale e chiama in causa la responsabilità educativa
dell’intera comunità e in primo luogo quella delle istituzioni pubbliche’.
Un lavoro instancabile e appassionato,
il Suo, anche in chiave di patrimonio storico consegnato per sempre alla nostra
comunità e che si unisce a quello svolto da ANPI Cernusco con il prezioso
progetto di ‘Memoria Rinnovabile’: questi e molti altri contributi provenienti
da più parti hanno fissato il pensiero, le azioni, il coraggio e anche il
sacrificio dei Cernuschesi durante la Resistenza. Per questo raccolgo lo spunto del Senatore Comincini sulla possibilità di un
riconoscimento istituzionale per la nostra città e nelle prossime settimane
costituirò un gruppo di lavoro che possa istruirne il percorso.
Un lavoro instancabile e appassionato
è anche quello che continua a condurre la Senatrice a vita Lilliana Segre,
sopravvissuta al campo di concentramento di Birkenau-Auschwitz e dallo scorso
dicembre Cittadina Onoraria di Cernusco sul Naviglio per voto unanime del
Consiglio Comunale: nelle scuole, tra i giovani, sui mezzi di comunicazione, in
parlamento. Per impegni precedentemente presi non ha potuto essere con noi oggi, ma
ha voluto scrivermi, scriverci una lettera, che a conclusione di questo mio
intervento idealmente consegno nelle mani e al futuro di ogni bambina e di ogni
bambino della nostra città:
Egregio
signor Sindaco, cari cittadini di Cernusco sul Naviglio,
vorrei
essere con voi, guardarvi in volto, negli occhi, conoscere ognuno di voi e
ringraziarvi personalmente per la vostra iniziativa.
Ebbi
modo, in varie occasioni di incontro con Camerani, di trovare una forte
sintonia. Il passato, il dolore, lo struggimento e la fatica delle
testimonianze, le emozioni erano condivisi con quell’intimità che solo tra
sopravvissuti potevamo trovare. II ricordo della sua persona è per me legato ad
una reciproca fraternità di intenti.
Ci
univa l’impegno e quella speciale “necessità” di dover tramandare la Memoria,
traghettarla nella contemporaneità perché in un mondo pieno di ingiustizie è
l’unico vaccino contro l'indifferenza, contro l’odio, un antibiotico per la
civiltà. La violenza, anche verbale non è mai sopita, la voglia di poteri
forti, di crociate verso “gli altri” riemerge nella popolazione come un
inquietante fenomeno già vissuto.
Viviamo
in una società che ha permesso quella tragedia, ricordare è
un compito civile e morale a cui tutti siamo chiamati, perché ciò che è
accaduto non si ripeta, per il bene dell’umanità.
In
democrazia è facile esternare opinioni, prendere posizioni ma non è facile fare
delle scelte coraggiose sotto una dittatura. Quando si rischia la vita, la
fucilazione, la tortura, la deportazione, le rappresaglie contro i tuoi cari.
Quando l’adolescenza è appena alle tue spalle.
Furono
molto eroici nella scelta politica antifascista, i due
ragazzi Virginio 16enne e Roberto
18enne. Non erano tempi facili per fare delle scelte coraggiose, furono
arrestati e deportati. Roberto sopravvisse agli stenti, Virginio non tornò. Io
non mi stancherò mai di ripetere a tutti, soprattutto ai giovani che
rappresentano il futuro, che la vita è fatta di scelte, ogni persona risponde a
se stessa e al proprio senso del dovere.
Le
pietre d’inciampo servono a risvegliare la coscienza individuale nella
quotidianità, a costringere a riflettere su quel nome incrociato per caso,
camminando. Quel nome era una persona, con una casa, una famiglia, affetti e
amici, come tutti. Ma a quella persona furono strappati questi valori così
normali, scontati, ovvi.
Un
nome inciso, per ridare identità a chi in sfregio al rischio ha preso
coraggiose posizioni che uomini più adulti non si sarebbero nemmeno sognati di
assumere.
Una
piccola pietra per meditare sulle conseguenze dell’indifferenza, del populismo,
del pregiudizio e dell’ignoranza. Perché oggi ognuno si senta al sicuro nella
propria casa e protetto nel proprio Paese.
Liliana Segre