Da corriere.it del 10 Marzo
MILANO - Vuoi vedere che un campo sportivo come si deve, anche nella periferia più difficile, è più efficace della ronda più agguerrita? «Nella mia Olanda dove ci abbiamo provato — dice Clarence Seedorf — la promozione dello sport nei quartieri a rischio ha ridotto la criminalità del 30 per cento in tre mesi». A Milano un'alleanza tra parrocchie, fondazioni, finanza solidale, web e società sportive ha deciso di riscoprire una vecchia ricetta aggiornandola ai tempi: una rete di impianti sportivi nuovi di zecca per 16 oratori di periferia, alcuni già in funzione, gli altri pronti entro quest'anno, nella certezza che «la strada per integrazione e promozione sociale passa anche da qui».
Si chiama «Un campo nel cortile» ed è la nuova iniziativa promossa dalle fondazioni Cariplo, De Agostini e Magnoni in collaborazione con la Diocesi. In concreto si tratta — come ha sintetizzato per tutti Giuseppe Guzzetti della Cariplo — della realizzazione di campi sportivi parrocchiali, soprattutto da calcetto, in quartieri caratterizzati da forte disagio sociale, per farne non solo luoghi di aggregazione ma anche occasioni di profitto, lavoro, e in ogni caso capaci di automantenimento grazie a un sistema di prenotazioni online che renda possibile affittare gli impianti stessi a chi ne faccia richiesta al di fuori delle attività programmate dagli oratori. «Un aspetto non secondario — ricorda don Enzo Barbante per la Diocesi — visto che le attività sportive organizzate dalle 1.100 parrocchie del territorio costano attualmente 25 milioni di euro l'anno».
E gli impianti sportivi già realizzati nell'ambito di questo progetto hanno prodotto — secondo chi ci lavora — risultati immediati. Don Eugenio Brambilla, la cui parrocchia nel cuore del Gratosoglio ha visto inaugurare il nuovo campo sportivo già da un po', ne sottolinea tre aspetti: «Il senso di appartenenza a una comunità, l'incentivo all'assunzione di responsabilità, la promozione del rispetto delle regole». Don Paolo Steffano, della parrocchia di Baranzate, ne aggiunge un quarto: «L'abbassamento della soglia della paura. In quartieri dove le etnie e le diversità sono tante, lo sport rappresenta un momento e una opportunità di conoscenza reciproca che poi è il primo passo del dialogo: e quindi del superamento delle diffidenze».
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