20 anni fa perdeva la vita in un incidente stradale, mentre in Polonia andava a visionare - in qualità di vce-allenatore - i prossimi avversari della Juventus in Coppa, un grandissimo campione e un grandissimo uomo: Gaetano Scirea. Forse anche per il fatto che era nato nella nostra Cernusco sul Naviglio, è stato per noi ragazzini pallonari d'oratorio dell'epoca un esempio da seguire. Ma lo era in realtà per tutto il calcio italiano e mondiale.
552 partite con la Juventus con cui ha vinto 7 scudetti, 2 oppe Italia e 5 Coppe Europee, Campione del Mondo con l'Italia nel 1982, pur giocando da difensore (libero) non ha mai subito un'espulsione in carriera. Mai una parola sopra le righe, mai una scena plateale in campo, mai una scorrettezza gratuita.
Tra i ricordi sui giornali di questi giorni, mi hanno colpito due spunti del monumento Dino Zoff, suo amico e compagno di stanza nella Juve e in Nazionale (intervista di Maurizio Crosetti su La Repubblica di oggi):
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In campo era inarrivabile...
Perchè era sempre lui, era la continuazione. Dicono che in partita ti trasformi: fesserie, in partita sei tu e basta. E conta l'istinto, lì non esiste il freno dell'intelligenza, viene fuori il profondo. E il prfondo di Scrirea era Scirea.
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Dino Zoff, lei pensa spesso al suo amico?
Gaetano torna sempre. Lo penso a ogni esagerazione di qualcuno, a ogni urlo senza senso. L'esasperazione dei toni mi fa sentire ancora più profondamente il vuoto della perdita. Gaetano mi manca nel caos delle parole inutili, dei valori assurdi, delle menate, in questo frastuono di cose vecchie col vestito nuovo, come canta Guccini. Mi manca il suo silenzio.
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