Ero ieri a Misano, per la prima volta onsite ad un Motogp. Pensavo avrei scritto oggi un post sul muro di tifosi del prato, dell'accoglienza a Valentino della curva rossa dei Ducatisti, dell'organizzazione approssimativa dei trasporti da/per il circuito, del marketing sofisticato ma per me troppo "freddo" di Dorna, delle 10 ore del viaggio di ritorno da Misano a Milano insieme a migliaia di tifosi, intasati su autostrada e autogrill.
Scrivo invece della morte di un pilota, Shoya Tomizawa, comunicata dallo speaker dell'autodromo in maniera anonima quando anche Vale Rossi - l'ultimo dei piloti ancora in pista a raccogliere il saluto dei tifosi - è rientrato ai box: "Si comunica che per le conseguenze dell'incidente in Moto2 la cerimonia di premiazione della Motogp verrà effettuata in forma ridotta" (a memoria, mi sembra di aver sentito una frase simile). Io francamente non ho ascoltato altre comunicazioni precedenti e solo dopo questo primo annuncio, al momento delle premiazioni lo speaker ha detto della morte del pilota. Fino a quel momento - perlomeno dove ero io nella tribuna di fronte ai box sul rettilineo di partenza - tutto era proseguito come se niente fosse successo.
Tomizawa è morto in sella alla sua passione durante quel tempo molle che è la tarda mattinata delle gare motoristiche (il cui top va in onda intorno alle 14.00 per ottimizzare l'audience TV). Sugli spalti il pubblico segue (a volte distrattamente) le gare minori e fa quelle cose che gli consentiranno poi di assistere nel migliore dei modi la gara principale. Dietro le quinte del circuito, dopo il warmup del primo mattino, in tempi fissati al secondo, le star della categoria principale adempiono brevemente ai loro obblighi con gli sponsor, avvenenti hostess portano gruppi di ospiti nell'area paddock per un tour tra camion e meccanici, i catering dei delle hospitality servono buffet invitanti.
Non è un mondo da condannare, ci lavoro anche. Ieri sera però era triste pensare che tutto fosse proseguito così come era stato previsto dal cerimoniale, che gli organizzatori abbiano pensato fosse meglio non disturbare il nostro divertimento, che fosse giusto dircelo alla fine.
Come scrivevo ieri in un tweet, la morte è oggettivamene troppo stridente con lo sport, i cui protagonisti stanno imparando a conviverci, forse per esorcizzarla, e quando si materializza al loro fianco sempre più sanno trattarla in modo deferente. Lo sport business, da questo punto di vista, deve affrontare uno stridore maggiore e nei fatti, spesso, non ha ancora capito come comportarsi.
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